«Il potere del Vaticano è intangibile. Non c’è uno sguardo laico. Solo una hola generale». Curzio Maltese, giornalista ed eurodeputato, punta il dito contro la «totale acquiescenza acritica» della stampa nei confronti degli interessi della Chiesa
Riverenza, acquiescenza, resa culturale. Non fa sconti, Curzio Maltese, giornalista ed eurodeputato, mentre parla di laicità e informazione, anche di sinistra. «Nessuno osa sfidare gli interessi del Vaticano», denuncia l’autore di un’inchiesta sui costi della Chiesa (La questua, 2008).
Curzio Maltese, qual è il tasso di laicità dell’informazione italiana?
Abbastanza inesistente. Ed è una delle nostre tante anomalie. Nell’informazione, e nel discorso pubblico in genere, c’è una visione molto condizionata da una forma di riverenza nei confronti del Vaticano. Quando ho cominciato la mia inchiesta su quanto ci costava la Chiesa pensavo ingenuamente che ci fossero stati altri articoli sul tema, invece niente. La Chiesa non è un oggetto di indagine dei giornali. Passa soltanto un’informazione filtrata dall’interno, strumentale alle lotte interne. Sul Vaticano non c’è mai uno sguardo laico, uno sguardo esterno. Nemmeno in questi mesi in cui la Chiesa ha avviato una grande opera di rilancio del marketing, con un Papa che, pur avendo navigato parecchio, non si era segnalato precedentemente per posizioni così radicali, e che oggi studia palesemente ogni gesto per ottenere consenso. Non c’è uno sguardo neutrale: solo una hola generale, da destra e da sinistra.
Una sorta di autocensura?
Una poderosa autocensura, una totale mancanza di coraggio nell’affrontare questi temi. I politici davanti al Vaticano si fermano. Ci sono vari modi per giudicare la novità di una stagione politica. Oltre alla corruzione, all’evasione fiscale e alle banche, tra i temi che nessun governo tocca ci sono i rapporti col Vaticano, soprattutto in termini di privilegi economici e di limitazione dei diritti civili. Da questo punto di vista la “nouvelle vague” renziana non solo non ha cambiato nulla ma è regressiva persino rispetto a Prodi. Quello che mi colpisce di più non è tanto un Paese di atei clericali, che allignano soprattutto a destra, ma il fatto che la sinistra si stia facendo omologare anche in questo. Di fatto si stabilisce che il potere del Vaticano è intangibile. Lo vedi anche da come usano la tv pubblica, sempre più conformista: ci stanno ammannendo sceneggiati dove le figure dei preti vengono somministrate quotidianamente come veri eroi nazionali.
Come spiega questo atteggiamento: ragioni economiche, di consenso?
Sicuramente ci sono questioni che riguardano il consenso e il potere economico. Ma non è solo questo. È proprio uno stile conformista. La morte dei grandi ideali ha lasciato sul campo una pratica molto d’immagine tipica della Chiesa cattolica. Politici che non hanno più una visione della società e del futuro hanno mutuato dalla Chiesa la straordinaria capacità dell’apparire, della cerimonia, del simbolo. C’è proprio un’adesione culturale a quel modello. Il vero personaggio al centro della scena mediatica è papa Francesco. Non riesco a capire quale sia in concreto la spinta riformista che promuove, salvo dire che vuole una chiesa povera per i poveri. Eppure ci vorrebbe poco, basterebbe farlo, liberandosi dello Ior e rinunciando all’8 per mille. Invece ci si limita a dirlo. Ormai anche la politica ottiene consenso con i grandi annunci. Questo Paese sarà cambiato davvero quando il governo farà cose semplicemente laiche, senza fermarsi a fare la riverenza agli interessi del Vaticano. È diventata sempre più una questione di potere: un potere enorme, oggi addirittura più forte dal punto di visita del condizionamento della politica e degli affari, come dimostra Cl in Lombardia.