La Regione Veneto ha dichiarato “calamità naturale” il granchio blu, animale che sta danneggiando pesantemente diverse aree del territorio. Conosciamo meglio questo crostaceo e capiamo perché è considerato così pericoloso
Il Veneto si muove contro il granchio blu.
La regione del Nord Italia ha infatti deciso di dichiarare questo crostaceo “calamità naturale”, a causa dei danni provocati in molte zone.
“Nelle more dell’approvazione dei decreti ministeriali attuativi della nuova normativa relativa al Fondo di solidarietà nazionale per le calamità naturali necessari per poter applicare la normativa e concedere gli aiuti emergenziali ai nostri pescatori, la Regione del Veneto ha approvato la Proposta di declaratoria di calamità naturale causata dal granchio blu per l’annualità 2023, delimitando le aree danneggiate sulla base delle relazioni firmate da Arpav, Ispra e Università di Venezia. In questo modo, non appena verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto ministeriale che dichiara lo stato di calamità naturale, le imprese danneggiate potranno subito presentare richiesta di indennizzo per accedere alle risorse del Fondo di Solidarietà Nazionale”.
È quanto è stato dichiarato dall’assessore regionale alla Pesca, Cristiano Corazzari, su cui proposta il Veneto ha deciso di bollare come “calamità naturale” il granchio blu per l’annualità 2023.
Si tratta di una novità estremamente importante per quanto riguarda la gestione delle risorse acquatiche del territorio.
Questa decisione, infatti, sostenuta anche dalla relazione tecnica che include la delimitazione delle aree regionali danneggiate, riflette un’immediata risposta alle sfide ambientali che la regione si è ritrovata costretta ad affrontare ormai da diverso tempo.
Ciò che emerge è che tutte le lagune venete sono state identificate come aree danneggiate, fatto che sottolinea ancor di più l’ampia portata dell’impatto del granchio blu nell’ecosistema marino di questa regione d’Italia.
L’iniziativa in questione trova, inoltre, fondamento nella legge di Bilancio 2023, che ha esteso il Fondo Calamità Naturali anche al settore della pesca e dell’acquacoltura.
Un’estensione che si è resa necessaria per affrontare i danni causati da eventi eccezionali, tra cui la diffusione di specie aliene invasive, che minacciano non solo l’equilibrio ambientale, ma anche le fonti di sostentamento delle comunità che dipendono da queste risorse.
Un concetto ribadito sempre dal già citato Corazzari, il quale ha voluto lanciare però anche un appello:
“Ringraziamo il Governo che si è attivato per rispondere al momento di grande criticità in cui si trovano i nostri pescatori e che ora sta lavorando ai decreti attuativi mancanti. È necessario però accelerare i tempi. La stagione è alle porte e il granchio tornerà in forze. I pescatori hanno bisogno di aiuti immediati. C’è un intero settore, quello della venericoltura, che rischia di scomparire. Sono a rischio 1.500 imprese individuali, oltre a un settore che rappresenta la nostra cultura e la nostra identità”.
La relazione tecnica ha identificato come aree danneggiate non solo le fasce marittime antistanti al litorale da San Michele al Tagliamento a Porto Tolle, ma anche tutte le lagune venete: dalla Laguna di Caorle e Bibione alla Laguna del Mort, fino alla Laguna di Venezia e alle Lagune e sacche del Delta del Po.
Nel corso del 2023, sono stati commercializzati complessivamente 428.000 chilogrammi di granchio blu dai sei mercati ittici del Veneto, ai quali va poi aggiunto il quantitativo non commercializzabile pescato a partire da luglio solo nelle lagune di Porto Tolle, il quale ammonta a sua volta a 564.586 chili.
A tali dati vanno aggiunti anche i quantitativi non commercializzabili e non quantificati, prelevati dalle altre lagune, che si stima siano pari a ulteriori centinaia di tonnellate.
Specie originaria delle zone atlantiche che si spingono dalla Nuova Scozia all’Argentina, con ampia concentrazione soprattutto in alcune aree degli Stati Uniti d’America come Texas e Massachusetts, il granchio blu è un crostaceo che ama vivere su fondali sabbiosi e fangosi, anche fino a 90 metri di profondità.
Il suo nome scientifico è Callinectes sapidus, ma è comunemente conosciuto anche come granchio azzurro o granchio d’acqua salata.
Il granchio blu è famoso per la sua capacità di adattarsi a una vasta gamma di habitat e per la sua carne prelibata, apprezzata in molte cucine in giro per il Mondo.
Si tratta infatti di un crostaceo che si trova in diverse aree del Globo, dove è stato spesso accidentalmente trasportato attraverso le acque di zavorra delle navi cargo.
Una volta introdotto in nuovi ecosistemi, il granchio blu può diventare però una specie invasiva e che inizia a competere con le specie autoctone per risorse e habitat, causando danni agli ecosistemi locali.
La sua diffusione eccezionale ha finito infatti spesso col provocare significativi squilibri ambientali e danneggiare la biodiversità.
Per questo motivo, il controllo della sua diffusione e la gestione delle sue popolazioni sono due azioni fondamentali per preservare gli ecosistemi marini e le attività umane che dipendono da essi.
Ma come distinguere il granchio blu dagli altri crostacei della stessa famiglia?
È importante osservare alcune caratteristiche, quali:
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