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Polonia, primi passi verso il possibile ritorno del diritto all’aborto

La Polonia è vicina a reintrodurre il diritto all’aborto dopo che il precedente governo lo aveva vietato quasi del tutto. Ecco tutto quello che c’è da sapere a riguardo

Venerdì scorso, la camera bassa del parlamento polacco ha votato a favore della continuazione dei lavori parlamentari su quattro proposte di legge volte a liberalizzare parzialmente l’aborto e a superare il divieto quasi totale introdotto dal precedente governo del partito di estrema destra Diritto e Giustizia (PiS), sconfitto alle ultime elezioni. Il dibattito era iniziato giovedì e venerdì i parlamentari hanno dovuto prendere una decisione: respingere i disegni di legge in prima lettura oppure inviarli a una commissione per un esame più dettagliato, procedendo così con l’iter legislativo. È stata scelta quest’ultima opzione. Ma vediamo tutto quello che c’è da sapere a riguardo.

La Polonia si avvicina alla reintroduzione del diritto all’aborto: ecco cosa c’è da sapere

Nell’ottobre del 2020, la Corte costituzionale polacca ha vietato gli aborti per malformazione fetale, noti come aborti terapeutici, che costituivano la maggior parte degli aborti registrati in Polonia nel 2019, secondo i dati del ministero della Salute. La Corte ha stabilito che un feto non ancora nato merita la stessa tutela della vita garantita dalla Costituzione polacca a ogni essere umano.

Questa decisione, nei mesi successivi, ha provocato proteste di decine di migliaia di persone in tutto il Paese. Il governo, allora guidato dal PiS, aveva inizialmente tentato di riformare la legge per vietare gli aborti terapeutici, ma dopo il fallimento del tentativo, ha presentato il caso alla Corte costituzionale. La legge vigente in Polonia dal 1993 consente l’aborto solo in tre circostanze: in caso di stupro o incesto, per salvare la vita della madre o in presenza di gravi anomalie fetali.

Tuttavia, in un Paese profondamente cattolico come la Polonia, le donne che si trovano in queste prime due situazioni spesso incontrano l’opposizione dei medici, per motivi di coscienza o per timore di conseguenze legali, il che porta a situazioni in cui non possono abortire o devono ricorrere all’estero.

Diritto all’aborto in Polonia | Pixabay @Rawf8 – Italialaica

Nei mesi successivi alla decisione della Corte costituzionale, la morte per sepsi di due donne che non avevano potuto abortire ha scatenato nuove proteste tra i giovani polacchi e ha suscitato solidarietà internazionale, compresa l’Italia.

Durante la campagna elettorale, il primo ministro attuale Donald Tusk, a capo dell’alleanza centrista Coalizione Civica (KO), aveva promesso di reintrodurre il diritto all’aborto. Tuttavia, le questioni si stanno rivelando più complesse del previsto, e raggiungere un accordo definitivo per una riforma non sarà facile. Attualmente, la legge in vigore in Polonia consente l’aborto solo in caso di stupro o incesto, ma non in presenza di malformazioni fetali.

La Coalizione Civica ha presentato un progetto di legge che propone la liberalizzazione dell’aborto fino alla 12esima settimana di gravidanza. Tuttavia, prevede anche la possibilità di abortire oltre il termine delle 12 settimane se la gravidanza mette a rischio la vita o la salute della donna, inclusa la sua salute mentale. Questa opzione sarebbe disponibile se ci fosse un “fondato sospetto” che la gravidanza sia il risultato di un reato, o se al feto vengono diagnosticate malformazioni. Il termine limite per l’aborto, in questi casi, sarebbe determinato in base alle circostanze.

Allo stesso modo, i partiti alleati di Tusk hanno presentato tre progetti di legge distinti. Il partito di sinistra al governo, Lewica, più vicino ai movimenti femministi, ha proposto l’aborto su richiesta senza condizioni fino alla 12esima settimana di gravidanza. Inoltre, hanno avanzato una proposta per eliminare il reato di assistenza all’aborto, che attualmente prevede fino a tre anni di carcere per chiunque aiuti una donna a interrompere una gravidanza.

Infine, il quarto progetto di legge è stato promosso da Terza Via, il partito più conservatore tra i due gruppi che compongono l’attuale coalizione di governo (la sinistra e la Coalizione Civica di Tusk). Questo progetto prevede il ritorno alla legge del 1993, conosciuta in Polonia come “Compromesso sull’aborto“, che autorizzava l’aborto solo in determinati casi: pericolo di vita per la donna incinta, grave malformazione fetale, stupro o incesto.

La discussione sulle quattro proposte è stata molto accesa, sia all’interno che all’esterno del parlamento. Giovedì, alcuni manifestanti contrari all’aborto hanno esposto uno striscione che equiparava la ministra per l’Uguaglianza, Katarzyna Kotula, ad Adolf Hitler, e hanno suonato le campane di una chiesa mentre trasmettevano dai megafoni i pianti registrati di un neonato. All’interno dell’aula, il deputato conservatore Dariusz Matecki ha mostrato un cartello con l’immagine di un feto e ha fatto sentire al microfono il suono dei battiti cardiaci. Durante il dibattito, la deputata di sinistra Katarzyna Ueberhan ha dichiarato: “Il divieto di aborto non funziona. Una donna su tre in Polonia ha abortito. Una su tre. Io sono una di loro e penso di non essere sola qui, oggi“.

Nel 2022, solo 161 aborti sono stati eseguiti legalmente in Polonia. Tuttavia, secondo i movimenti femministi, circa 120.000 donne interrompono la gravidanza ogni anno utilizzando pillole abortive, che sono comunque proibite, o recandosi all’estero.

All’interno del governo di Tusk, ci sono posizioni divergenti sull’aborto, e il primo ministro potrebbe trovare difficile ottenere il sostegno degli alleati più conservatori, senza il quale non avrebbe la maggioranza necessaria per approvare le leggi. Inoltre, ulteriori ostacoli a qualsiasi tentativo di liberalizzazione dell’interruzione di gravidanza a livello legislativo sono rappresentati dal presidente della Polonia, Andrzej Duda, e dalla Corte costituzionale, che è controllata dal PiS.

Duda, un conservatore affiliato al PiS, potrebbe decidere di porre il veto alla riforma una volta approvata dal parlamento, come ha già fatto alla fine di marzo sulla proposta approvata a febbraio che mirava a ripristinare la contraccezione d’emergenza senza prescrizione medica per renderla più accessibile. Allo stesso modo, la Corte potrebbe dichiarare incostituzionale una legge meno restrittiva rispetto a quella attualmente in vigore.

I gruppi femministi polacchi e le organizzazioni pro-choice avevano descritto il dibattito concluso venerdì come una “prova cruciale” per l’attuale parlamento: “Le donne hanno votato per questo governo e le nostre richieste sono inequivocabili: vogliamo che l’aborto sia legale, sicuro e accessibile“, avevano dichiarato sui social media.

Insomma, la strada da fare sembra essere ancora molta e i problemi non sembrano essere pochi, ma un primo passo è stato fatto verso la reintroduzione di un diritto che molte persone ritengono essere fondamentale. Ora non ci resta che aspettare e scoprire cosa succederà nei prossimi mesi.

Federico Liberi

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