Il pignoramento presso terzi rappresenta uno strumento potente a disposizione del creditore per recuperare un credito insoluto.
In pratica, anziché agire direttamente sui beni del debitore, si rivolge a un terzo soggetto (lavoratore dipendente, banca, ecc.) che detiene beni o somme di denaro appartenenti al debitore, intimandogli di consegnarglieli per saldare il debito.
La riforma Cartabia ha introdotto importanti novità in materia di pignoramento, modificando le modalità di ricerca dei beni da pignorare. In precedenza, il creditore doveva individuare autonomamente i beni aggredibili, con un processo spesso lungo e costoso. Ora, grazie alla creazione di un “Registro nazionale dei debiti” e al potenziamento del Sistema di Interrogazione Telematica, è possibile ottenere informazioni più complete e rapide sul patrimonio del debitore.
Un aspetto cruciale della riforma riguarda l’accesso dell’Agenzia delle Entrate ai dati finanziari dei cittadini. Infatti, l’Agenzia può ora accedere direttamente alle informazioni sui conti correnti degli italiani, consultando la banca dati dell’Anagrafe Tributaria.
Questo accesso privilegiato consente al Fisco di individuare con facilità eventuali conti correnti intestati al debitore e di conoscere il saldo disponibile.
È importante sottolineare che l’accesso diretto dell’Agenzia delle Entrate ai dati bancari non si traduce in una libertà assoluta di pignoramento. Infatti, “il pignoramento diretto del conto corrente da parte del Fisco è possibile solo in presenza di determinate condizioni”:
Carichi pendenti di importo superiore a 120.000 euro: al di sotto di questa soglia, l’Agenzia delle Entrate non può procedere al pignoramento diretto del conto.
Previo invio di un avviso di accertamento: prima di procedere al pignoramento, l’Agenzia delle Entrate deve aver notificato al contribuente un avviso di accertamento, che gli concede un termine per regolarizzare la propria posizione.
Nonostante i limiti al pignoramento diretto, l’Agenzia delle Entrate può comunque ricorrere al pignoramento presso terzi per recuperare i crediti fiscali. Ad esempio, può notificare un atto di pignoramento alla banca presso cui il debitore detiene il conto corrente, intimandole di trattenere le somme dovute a titolo di stipendio, pensione o altre entrate.
In questo caso, la banca assume il ruolo di “terzo pignorato” e ha l’obbligo di corrispondere all’Agenzia delle Entrate le somme pignorate, nei limiti previsti dalla legge.
La riforma Cartabia ha semplificato l’iter per il recupero dei crediti da parte dell’Agenzia delle Entrate, introducendo strumenti più efficaci per individuare i beni da pignorare. Tuttavia, persistono delle tutele a favore del debitore, come il limite al pignoramento diretto del conto corrente e la necessità di un avviso di accertamento preventivo.
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