Il governo di Netanyahu ha deciso di oscurare l’emittente per 45 giorni. I perchè di questa decisione in una diatriba lunga decenni
La decisione di “spegnere” e togliere la voce di Al Jazeera in Israele arriva al culmine di una serie di tensioni che hanno coinvolto la rete televisiva e il governo israeliano nell’ultimo periodo, sicuramente dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre e la successiva offensiva contro Gaza e il popolo palestinese. Il provvedimento, adottato all’unanimità dal gabinetto del premier Benjamin Netanyahu, è stato motivato dalle accuse di incitamento all’odio durante il conflitto a Gaza. Pur essendo temporanea, con una durata prevista di 45 giorni, questa sospensione avrà un impatto significativo sia a livello logistico che simbolico, con l’oscuramento del canale in lingua araba anche di quello in lingua inglese, insieme ovviamente a tutte le attività online della piattaforma, all’interno di tutta Israele.
Una storia di tensioni lunga decenni
Le tensioni tra Israele e Al Jazeera non sono sorte improvvisamente con il recente conflitto a Gaza, ma hanno radici più profonde. Fondata a Doha nel 1996 con un finanziamento iniziale di 150 milioni di dollari da parte del governo del Qatar, Al Jazeera è stata inizialmente concepita come un’entità indipendente e a autonoma. Tuttavia, nel corso degli anni ha mantenuto legami con il governo qatariota, sollevando interrogativi sulla sua indipendenza editoriale, soprattutto da parte dei suoi diversi critici. Con uffici in 95 paesi e uno staff di 3.000 dipendenti, Al Jazeera rivendica di avere un pubblico globale di 430 milioni di case, un bacino enorme del mondo arabo e non.. La sua ampia presenza internazionale, unita alla sua copertura senza filtri, l’ha posizionata come un attore significativo nel panorama mediatico globale.
Tuttavia, questa stessa caratteristica ha anche portato ad accuse di parzialità e controversie legali, soprattutto nella regione del Medio Oriente. Ovviamente dall’inizio della guerra l’emittente ha trasmesso continui resoconti sul campo della campagna israeliana e delle sue conseguenze sulla popolazione palestinese. per questo lo scorso mese Netanyahu ha definito Al Jazeera un “canale terroristico”, spiegando come avrebbe “agito immediatamente per fermare” le sue attività dopo l’approvazione di una nuova legge. All’epoca, l’emittente definì la proposta di divieto “parte di una serie di attacchi sistematici israeliani per mettere a tacere Al Jazeera”, che secondo la tv araba includeva l’uccisione di Shireen Abu Akleh, una delle giornalisti più importanti nella regione, mentre copriva un raid israeliano nella Cisgiordania occupata nel maggio 2022.
Il precedente dell’Arabia Saudita e il futuro nella regione
Nel 2017, l’Arabia Saudita e altri paesi vicini del Qatar hanno imposto un blocco diplomatico ed economico al Paese, chiedendo anche la chiusura di Al Jazeera. Questo episodio ha sollevato preoccupazioni sulla libertà di stampa e di espressione nella regione, evidenziando le tensioni geopolitiche che circondano i media e l’informazione. La decisione di Netanyahu di sospendere le trasmissioni di Al Jazeera in Israele riflette una lotta più ampia per il controllo dell’informazione e della narrazione nei conflitti regionali. Solleva importanti questioni sulla libertà di stampa e di espressione, non solo in Israele, ma anche a livello internazionale. La risposta della comunità internazionale a questa decisione sarà fondamentale per determinare il futuro del giornalismo e della libertà di informazione nella regione.