È una brutta pagina per la Repubblica quella scritta dai senatori italiani che hanno partecipato al voto di fiducia sul disegno di legge in materia di unioni civili.
Il governo ha imposto le sue scelte cancellando la proposta che un gruppo parlamentare aveva presentato e che una maggioranza di senatori aveva lasciato intendere di condividere. Il vincolo di mandato, che la Costituzione nega esplicitamente possa essere esercitato dagli elettori unici “mandanti” dei parlamentari, è stato loro imposto da un altro organo che la stessa Carta vuole dipendente dalla sua “fiducia”. Le legittime e pertinenti denunce delle altre implicazioni della vicenda non devono far trascurare questa ennesima gravissima trasgressione nel funzionamento del sistema istituzionale.
Per di più la nuova legge non risponde alla domanda di pari diritti e di pari dignità espressa dalle persone omosessuali, esclude l’obbligo alla fedeltà reciproca, soddisfa la pretesa di segnare il massimo di distanza possibile tra le unioni civili e il matrimonio. Tutto vero. Ma è innegabile che al di là di questa “sostanza”, non è meno grave la “procedura” che ha portato allo stravolgimento di un disegno di legge d’iniziativa parlamentare imposto per volontà governativa con il consenso di senatori dell’opposizione guidati da un indagato per bancarotta fraudolenta.
Ben pesante è dunque per la democrazia il prezzo pagato per l’avvio del cammino che porterà all’approvazione di una legge tanto attesa e che, pur nella sua formulazione attuale, costituisce un primo passo per l’adeguamento della legislazione italiana a quella degli altri paesi europei.
Non è certo, però, che ne seguano altri per lo sviluppo di tale adeguamento.
L’annuncio dell’onorevole Cirinnà sulla prossima presentazione di un ddl, che autorizza le adozioni per le coppie omosessuali, è stato immediatamente ridimensionato da quello del capo gruppo Pd alla Camera con il quale si informa che nelle prossime settimane sarà discusso un ddl per il riordino complessivo della legge sulle adozioni. Lo ribadisce il vicesegretario Deborah Serracchiani : Con le unioni civili abbiamo fatto un primo passo di un cammino lungo, da fare insieme. Si inizia la prossima settimana con il ddl adozioni, adozioni per tutti. …. Il tema delle adozioni sarà quindi il prossimo tema.
Contro di esso, intanto, già si sono espressi i cattolici del Pd e, soprattutto, i neocentristi di Angelino Alfano che, molto soddisfatto del successo ottenuto per essere stato determinante per l’approvazione della legge, dichiara definitivamente chiuso il discorso sulla possibilità per una coppia gay di adottare il figlio biologico di uno dei partner.
È quasi certo, invece, che, dopo l’approvazione della legge alla Camera dei deputati, il tema continuerà ad essere fonte di conflitto anche perché la base del movimento Cinque stelle non ha condiviso le scelte contraddittorie dei suoi parlamentari seguite all’inopinato riconoscimento di Grillo del diritto all’obiezione di coscienza per quanti non disponibili a votare il diritto all’adozione. Un loro appoggio al nuovo ddl annunciato da Deborah Serracchiani potrebbe smentire la previsione di Alfano, già nei guai perché gli stessi grillini hanno presentato nei suoi confronti una mozione di sfiducia motivata dalla sua iscrizione nel registro degli indagati a causa del trasferimento del prefetto di Enna, colpevole di volere commissariare la Fondazione di Mirello Crisafulli.
Anche questa sua incriminazione contribuisce a rendere brutta la pagina introdotta dal Senato: non è certo, infatti, un sintomo di “buona” democrazia che un autorevole membro del governo -anche perché non è l’unico- oggetto di attenzione da parte della magistratura non si dimetta.
È, invece, un buon motivo per i renziani per considerare irrilevante la condizione di indagato in ben cinque processi del senatore Denis Verdini nella valutazione del suo ormai dichiarato coinvolgimento, pur se non formale e un po’ equivoco, nella maggioranza governativa: Votare la fiducia al ddl Cirinnà è stato un atto molto importante, che ci compromette. In teoria significherebbe entrare nella maggioranza, ma noi non siamo organici a questa maggioranza, siamo liberi e decidiamo in piena autonomia su ogni provvedimento del governo. E proprio perché siamo liberi possiamo permetterci di decidere di volta in volta come vogliamo. …. Non facciamo parte della maggioranza ma da qui alla fine della legislatura non ci tireremo indietro.
Questo modo di Verdini di rapportarsi al governo configura, per di più, l’avvio di una manovra per riordinare lo spazio politico del centrodestra: Questo centro così spezzettato, con una gran confusione, penso che abbia bisogno di una regolata… L’unità dei centristi, dagli alfaniani di Ncd fino ai fittiani, è un percorso inevitabile, ma non vanno anticipati i tempi, non bisogna precipitare. Sembra così consumato pienamente il suo distacco da Berlusconi : Quando è caduto il patto del Nazareno io ho scelto di continuare con il lavoro delle riforme, perché credo in questa legislatura costituente.
Non è certo che lo spregiudicato dinamismo politico ispiratore della sua manovra raggiunga lo scopo, è indubbio, invece, che con questo progetto di ricostruzione al centro sono chiamati a misurarsi quanti, a sinistra, perseguono la ricostruzione di un soggetto unitario, senza lasciarsi distrarre dall’irrilevanza politica dell’avventura canadese di Nichi Vendola alla ricerca di una paternità “surrogata”.
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