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La vita di chi? Le menzogne clericali sull’eutanasia

Avete fatto caso di quanto siano imprecise le età anagrafiche dei nostri antenati? Lo scarto di giorni, tra la data delle nascite e dei decessi e la loro registrazione presso le parrocchie, era giudicata priva di importanza. Era una questione di lentezze burocratiche, ma anche e soprattutto di gap culturali; un’innovazione scientifica poteva affermarsi solo se considerata socialmente accettabile, pertanto la massima “il tempo è denaro” fu idealizzata in pieno Rinascimento, quando le pratiche bancarie divennero utili per il commercio internazionale, da Cristoforo Colombo in poi.

 

A parte i borghesi arrivisti, le altre due classi feudali davano un valore diverso al tempo cronometrato; gli aristocratici davano importanza enorme alla successione dei beni e delle proprietà, tanto da posticipare l’età per considerare maggiorenne qualcuno, onde limitare la sfera di autonomia privata; invece i contadini devoti prendevano in considerazione solo quanto necessario per beneficiare dei sacramenti religiosi, cosicché i registri di parrocchia assicuravano che le persone ottenessero i sacramenti all’età giusta e non si sposassero tra consanguinei.

Quei margini di incertezza circa le date di nascite e morte non erano un problema, in quanto la vita era affidata a Dio mentre pochi erano fortunati da morire sul proprio letto e consentire alle parrocchie di registrare i decessi.

Solo lo sviluppo urbano delle città e i progressi nelle analisi statistiche hanno consentito l’automatismo dei registri comunali di nascite, matrimoni e decessi, permettendo di dedicare ad essi una materia a parte nel campo scientifico, la cosiddetta demografia, che stima la speranza media di vita in 82 anni oggi, rispetto ai 40 anni del Medioevo.

Il miglioramento del tenore di vita si è sviluppato lungo due tensioni: l’evoluzione della scienza e la battaglia per i diritti civili e per l’autodeterminazione dei cittadini. La Costituzione italiana è la summa ideale del processo e fu votata anche dalla Democrazia Cristiana.

Avverso a questa corrente modernista del cattolicesimo, che cercava di conciliare scienza e fede, si scatenò la furia dei clericali con l’enciclica di Papa Pio X, “Pascendi dominici gregis. Sugli errori del modernismo”, di cui vale la pena estrapolare un passo: “Finalmente a tanto estremo essi giungono ad affermare, senza attenuazione di sorta, che tutto ciò che si spiega con la vita è vero e legittimo.”

Se la scienza, dichiarando guerra alla povertà, spiega e dona la vita, per i talebani cattolici automaticamente l’inno al Magnificat diventa un inno alla povertà che accorcia la vita!

Ecco allora che la condanna clericale contro l’eutanasia non è giustificabile con l’accorciamento della data di morte registrata nelle chiese a fini anagrafici! Quando mai agli integralisti cattolici è importato del contributo scientifico della demografia alla precisione delle date, connessi al controllo delle nascite, primo requisito per una efficace lotta alla povertà, e alla teoria del caso, basilare per gli studi darwiniani?

Pio X rincarò la dose nell’enciclica: “Così dunque si evince essere la scienza affatto libera dalla libera fede; la fede invece, tuttoché si decanti estranea alla scienza, essere a questa sottoposta. Le quali cose tutte, Venerabili Fratelli, sono diametralmente contrarie a ciò che insegnava il Nostro Antecessore Pio IX: Essere dovere della filosofia, in materia di religione, non dominare ma servire, non prescrivere ciò che si debba credere, ma abbracciarlo con ragionevole ossequio, né scrutar l’altezza dei misteri di Dio, ma piamente ed umilmente venerarla.”

Che contrasto con l’articolo 33 della Costituzione, votato dai democristiani! “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.”

Come la scienza eretica è libera, allo stesso modo l’eutanasia è un atto di libera volontà del paziente di fronte a dolore cronico, malattia incurabile e vecchiaia insipiente. Al contrario, le morti precoci dell’epoca pre-industriale non erano una volontà della Divina Provvidenza, bensì un’assenza di medicine e di ricerca di laboratorio; del resto un cattolico modernista dovrebbe indignarsi, al cospetto di una dottrina dell’amore cristiano che preferisce la morte per miseria alla vita da peccatore!

Portata alle estreme conseguenze, la difesa ad oltranza della morale cristiana ha portato oggi ad una destra tradizionalista che giustifica le morti degli extracomunitari di altre religioni con la difesa della vita!

Sempre Pio X scrisse a tal proposito: “Il vivere è pei modernisti prova di verità; giacché verità e vita sono per essi una medesima cosa. Dal che è dato inferir di nuovo, che tutte le religioni, quante mai ne esistono, sono egualmente vere, poiché se nol fossero non vivrebbero. E tutto questo si spaccia per dare un concetto più elevato e più ampio della religione!”

Qui il contrasto è con l’articolo 8 Cost.: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.”

In termini concreti, la disuguaglianza religiosa sottintende che l’imposizione cattolica di morire di povertà per questioni di fede sia una regola che non vale per le altre religioni. Se legittimamente si muore giovani per fede cattolica, al contrario per gli integralisti clericali è scandaloso che gli induisti abbandonino gli anziani a fare gli eremiti e privarsi di tutti i beni per ottenere la pace spirituale e reincarnarsi in caste più elevate; oppure che tra i samurai giapponesi il suicidio rituale sia una prassi; o ancora che nei popoli nomadi gli anziani che non riescono più a seguire la tribù vengano lasciati in grotte con i pochi averi necessari per non morire senza dignità.

I disvalori sono tipici delle dittature; questo Stato teocratico può permettersi di decidere chi vive e chi muore, mentre per le religioni “altre” scatta l’epiteto di nazismo. Quanto allo Stato democratico, laico ed aconfessionale, la condanna di Pio X è netta: “Nei tempi che corrono il sentimento di libertà è giunto al suo pieno sviluppo. Nello stato civile la pubblica coscienza ha voluto un regime popolare. Ma la coscienza dell’uomo, come la vita, è una sola. Se dunque l’autorità della Chiesa non vuol suscitare e mantenere una guerra intestina nelle coscienze umane, uopo è che si pieghi anch’essa a forme democratiche; tanto più che, a negarvisi, lo sfacelo sarebbe imminente. (…) Osservate qui di passaggio, o Venerabili Fratelli, lo spuntar fuori di quella dottrina rovinosissima che introduce il laicato nella Chiesa come fattore di progresso.”

Dottrina rovinosissima l’art. 7 della Costituzione? “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.” L’enciclica paventa qui i disastri che porterebbe la sottomissione cattolica alla legge laica, che nel linguaggio attuale è tradotto con la “dittatura del relativismo”! Niente da aggiungere, se non che la chiesa tradizionalista e fanatica non è affatto cambiata dai tempi della caccia alle streghe, nonostante si sia appropriata della dicitura di “democrazia cristiana”!

Il laicato tanto bistrattato non proibisce affatto la professione di fede, ma prova ad impedire che le pratiche missionarie tese alla conversione dei miscredenti assumano carattere di intolleranza violenta, come purtroppo sta accadendo con l’omofobia. Nel caso dell’eutanasia, la prassi laica è stata ben sintetizzata dalla sentenza della corte costituzionale sul caso Cappato: il suicidio rimane vietato, ma il trattamento di fine vita può essere applicato se la cura contro la malattia cronica può “violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”, come da art. 32 della Costituzione, ovvero se il malato non ha speranza di guarigione e la malattia provoca uno stato di dolore intollerabile nel paziente.

La sentenza del 25 settembre 2019 va citata testualmente, quando pone in evidenza quanto ribadito qui sopra in merito alla morte prematura nell’era pre-industriale ed al diritto di rifiutare il prolungamento della vita imposto con la medicina dell’era industriale: “Si tratta di «situazioni inimmaginabili all’epoca in cui la norma incriminatrice fu introdotta, ma portate sotto la sua sfera applicativa dagli sviluppi della scienza medica e della tecnologia, spesso capaci di strappare alla morte pazienti in condizioni estremamente compromesse, ma non di restituire loro una sufficienza di funzioni vitali». In tali casi, l’assistenza di terzi nel porre fine alla sua vita può presentarsi al malato come l’unico modo per sottrarsi, secondo le proprie scelte individuali, a un mantenimento artificiale in vita non più voluto e che egli ha il diritto di rifiutare in base all’art. 32, secondo comma, Cost.”

Non dunque un assassinio di pazienti in condizioni pietose, ma un diritto individuale di rifiutare trattamenti sanitari che sarebbero impensabili nel passato!

Giovanni Fioravanti

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