Trentanove sono le pagine dello speciale pubblicato dal quotidiano Domani il 6 gennaio sulla pedofilia nella Chiesa Cattolica, con un dettagliato riferimento alla situazione italiana. Il direttore Stefano Feltri nell’editoriale “Il momento di far cadere il muro dell’omertà” accusa esplicitamente la Chiesa italiana di trattare ancora gli abusi e le violenze come un mero problema interno, al massimo reputazionale. Senza mezzi termini scrive che è un vero problema istituzionale che genera un esplicito interrogativo: la Chiesa seleziona persone propense a violenze e abusi?
Il dossier nasce dall’idea delle inchieste finanziate dai lettori: a ogni euro donato dai lettori il giornale ne aggiungeva un altro. Una giornalista, Federica Tourn, ha ricostruito tutti i pezzi recuperando le carte processuali e sentito le vittime.
Qualche dato statistico aiuta a orientarsi: nel Rapporto John Jay pubblicato nel 2011 si legge che negli USA la percentuale degli abusatori è del 5,9 per cento, mentre –altro esempio- in Australia i preti abusatori arrivano al 7,9 per cento e in Germania tra i membri del clero il 5,1. Riguardo al genere degli abusati l’81 per cento sono maschi, di cui il 78 per cento adolescenti tra gli 11 e i 17 anni.
E la comparazione tra preti cattolici e personale religioso di altre confessioni cristiane? Il rapporto australiano afferma che il 62,7 per cento riguarda un contesto cattolico, mentre negli altri gruppi, come nel caso degli anglicani, si registra un 17,1 per cento.
La buona notizia, sempre secondo il rapporto australiano, è la diminuzione -in ambito cattolico- del fenomeno, presumibilmente a seguito della riduzione del numero dei fedeli che ricorrono al sacramento della confessione, della quasi scomparsa dei chierichetti e anche della riduzione del numero dei presbiteri a favore dei laici.
E l’Italia? Reticenze e omertà sembrano sempre caratterizzare la Chiesa italiana.
Il primo report della Cei sugli abusi sui minori si occupa soltanto delle segnalazioni arrivate ai centri di ascolto delle diocesi nel 2020 e 2021, ovvero 158 diocesi su 226!
Alla presentazione del primo report era assente il cardinale Zuppi, presidente della Cei con una scusa giudicata risibile.
D’altronde la Chiesa italiana, a differenza della francese, non ha voluto affidare l’inchiesta a soggetti terzi e indipendenti.
Un podcast, La bomba, curato da Alvise Armellini e Iacopo Scaramuzzi, uscito a giugno 2022, descrive bene la tendenza all’omertà della Chiesa. Alvise Armellini: “Proviamo ad andare comunque al punto. Quanti sono i preti pedofili in Italia? Come abbiamo detto non esistono cifre ufficiali, ma si può stimare un presunto tasso di pedofilia nel clero intorno al 3-5 per cento del totale: è un dato che viene dai risultati degli studi internazionali e che ci è stato confermato nella sua affidabilità da Padre Hans Zollner uno dei massimi esperti anti-pedofilia del vaticano. In Italia operano circa 38 mila sacerdoti, ma manca il dato esatto sul totale dal dopoguerra in poi. In ogni caso, se prendiamo per buona la percentuale del 3-5 per cento –per alcuni sottostimata- possiamo presumere che i preti abusatori italiani nel corso degli ultimi decenni siano stati almeno alcune migliaia.”
Un titolo: “I vescovi comprano il silenzio delle vittime dei preti pedofili”
“Mi portava in una stanza e lì, mentre leggevo, cominciava a toccarmi e io cercavo di sfuggire alla sua presa serrando le gambe, nella speranza che smettesse” ricorda Gamalero. Uno dopo l’altro i ricordi delle vittime che accusano, dopo, spesso, anni di vergogna tenuta celata e manifesta nei sintomi: attacchi di panico, ansia e depressione, difficoltà nelle relazioni sessuali…
Tra gli abusatori ci sono dei parroci, dei direttori di seminario e dei prefetti, degli animatori di gruppi giovanili; seguono i vescovi che fanno “melina” sminuendo, spostando qui e là gli orchi in tonaca, proponendo risarcimenti simbolici alle vittime in cambio del silenzio, usando anche la prescrizione canonica dopo vent’anni. La somma proposta come risarcimento –con la clausola del silenzio- non supera mai i 25 mila euro, ma fino a una decina di anni fa fra i cinque mila e i 25 mila.
Il cardinale Zuppi non vuole l’occultamento, ma è contrario al risarcimento per mezzo di un indennizzo. Ma se il silenzio sugli abusi è inaccettabile, lo devono essere anche le clausole di riservatezza per far tacere le vittime in pubblico onde evitare l’onta del disonore sulla istituzione.
Nelle oltre trenta pagine dell’inchiesta si leggono le testimonianze delle vittime, atto pubblico di incontestabile evidenza.
In Sicilia, in Toscana, ovunque le molestie sessuali si accompagnano alla manipolazione psicologica per ottenere il silenzio. Una testimonianza: il prete “individuava con precisione i bambini più vulnerabili e si dedicava a loro con costanza, dice ancora Giulio, li faceva sentire importanti: chi subiva abusi riceveva più attenzione degli altri”.
In un altro titolo è ben sintetizzata la situazione italiana: “Lo scandalo del sacerdote di Enna coperto da due vescovi”.
La Chiesa cura ogni anno la pubblicità a favore dell’8 per mille al momento della denuncia dei redditi, ecco il titolo di un articolo: “I soldi dell’8 per mille usati per coprire i preti pedofili”
“I vescovi Italia –scrive Federica Tourin- usano i fondi statali dell’8 per mille anche per tutelare i sacerdoti accusati di pedofilia, come se le denunce delle vittime e i processi che ne conseguono fossero una persecuzione contro la chiesa cattolica.”
Omertà, rallentamenti e depistaggi nonostante papa Francesco con il motu proprio Vox estis lux mundi invita il clero e la chiesa tutta alla segnalazione degli abusi.
La crisi delle vocazioni ecclesiastiche è cosa nota, passando dai 6.337 del 1970 ai 2.103 del 2019. Una flessione del 28 per cento. Ma i seminari nati con il Concilio di Trento allevano sempre i futuri preti in ambienti totalmente maschili e caratterizzati dal tabù del sesso. I futuri presbiteri vengono formati secondo la cultura del silenzio anche sull’affettività, predisponendo i candidati al presbiterato a derive psicologiche di ogni tipo.
Un certo Giuseppe (nome di fantasia) ex seminarista racconta: “Eravamo sotto pressione, con orari scanditi dagli impegni, e dovevamo chiedere permesso per ogni cosa: giocavamo a calcio, facevamo tante attività fisiche per sfogare la tensione sessuale, però tutto girava intorno alla questione dell’affettività. Qualcuno è stato scoperto con una ragazza, altri si baciavano in camera e i formatori chiudevano un occhio; poi, naturalmente c’erano i rapporti fra i seminaristi”.
A proposito della formazione seminaristica adatta a inclinare verso la pedofilia, interessante è l’articolo tratto dal libro In segreto. Crimini sessuali e clero tra età moderna e contemporanea. (Mimesis, 2022), del sociologo Marco Marzano.
Primo. Nei seminari il bombardamento ideologico a favore del celibato è costante e su ogni trasgressione pende la minaccia dell’espulsione con la fine della possibile ambita carriera ecclesiastica.
Secondo. I temi della castità e della sessualità trovano posto soltanto in senso teologico. La castità assume le sembianze di un supremo ideale normativo a cui aspirare.
Terzo. È risaputo che i preti “per via dell’aura di sacralità che li circonda sono quasi sempre ritenuti immuni da difficoltà sentimentali e affettive. (…) Anche la vita successiva all’ordinazione, quella trascorsa in parrocchia, è spesso segnata da una sostanziale e profonda solitudine esistenziale, fonte di vari sentimenti negativi e di diversi comportamenti nocivi (non solo l’alcolismo e varie forme di dipendenza, ma anche gli abusi sessuali).” E ancora: ”l’attitudine alla sottomissione dei seminaristi viene testata di continuo nel percorso formativo e costituisce uno dei principali obiettivi della formazione clericale.” La conseguenza più evidente è “l’acquisizione della peculiare capacità di eliminare o circoscrivere nei loro comportamenti esteriori e pubblici tutti i sintomi di pose non conformi alle aspettative dell’istituzione e quindi mentire e nascondere”.
Il sociologo annota quindi un particolare a connotazione psicologica che vale la pena di riportare: “…la costante esaltazione della razionalità sull’emotività, genera in forme non ortodosse dei bisogni emotivi e sessuali repressi, sia una sistematica incapacità di accettare ogni forma di attività emotiva e una totale assenza di empatia, una strutturale inabilità a mettersi nei panni degli altri immaginando cosa questi possono provare in conseguenza delle nostre azioni.”. È un tratto costitutivo della “personalità clericale” di “anaffettività addestrata” che si manifesta anche come incapacità di mettersi, appunto, nei panni delle vittime.
Quindi per la maggioranza dei preti abusanti di minori non si tratterebbe di patologia psichiatrica; in altri termini raramente si tratta di veri pedofili.
Se venisse rimosso l’obbligo del celibato e l’imposizione di una vita casta, verrebbe meno lo statuto sacrale, la superiorità, la separazione–distinzione della casta sacerdotale maschile e il potere che ne deriva si sgretolerebbe miseramente.
Per evitare la crisi definitiva della religione di Chiesa occorre continuare ad attribuire a una “legge divina” il sacerdozio celibe e casto dei maschi, coltivando –come fece in modo smisurato papa Woityla- la mitica devozione e deificazione della figura della Madonna madre e vergine.
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