Più di un anno fa si era aperta una crisi all’interno della Federazione Umanista Europea, l’organizzazione che da molti anni rappresentava nelle istituzioni europee la voce dei laici e dei non credenti. L’art. 17 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFEU) prevede infatti che anche i laici e i non credenti debbano essere parti di quello che in gergo eurocratese si chiama “dialogo interconvinzionale” con tutte le istituzioni europee. Si ricorderà che, al tempo delle discussioni sul progetto di costituzione europea, da parte di alcuni Stati membri, di cattolici tradizionalisti e di molti movimenti conservatori era stato fortemente richiesto un riferimento alle “radici cristiane” dell’Europa, richiamo che si voleva sovraordinato a quello di ogni altro retaggio (alla cultura classica, al diritto romano e al common law, e soprattutto alle libertà e ai diritti umani sorti con la modernità e con l’illuminismo): un riferimento che era stato pensato come grimaldello per fornire successivamente una chiave d’interpretazione in senso clericale a tutta la legislazione europea. Persa quella battaglia – e respinto peraltro anche il progetto di Costituzione Europea nei referendum francese e olandese – nel successivo trattato di Lisbona, che riformava i trattati europei esistenti fra cui il TFEU, gli stessi ambienti tornarono alla carica con la richiesta dell’istituzionalizzazione del “dialogo interreligioso” quale canale di interlocuzione con le istituzioni privilegiato rispetto a ogni altra manifestazione della società civile europea. La Francia, in quell’occasione, non fece valere come d’uso la sua pregiudiziale laica (era allora presidente Sarkozy, il presidente meno laico che la Francia abbia mai espresso), ma a rimediare ci pensarono soprattutto i belgi, che, al posto del “dialogo interreligioso” proposero il modello della cosiddetta laicità belga: sì al dialogo fra istituzioni europee e organizzazioni religiose, ma sullo stesso piano di uguaglianza dovevano essere poste le “organizzazioni filosofiche non confessionali”. Anche per dare rappresentanza in quella sede alla voce degli europei laici era nata la Federazione Umanista Europea, cui proprio l’organizzazione belga francofona, il prestigioso Centre d’Action Laïque di Bruxelles, ha fornito per anni il più rilevante sostegno militante, finanziario e logistico.
Presieduta per molti anni dall’ex senatore socialista belga Pierre Galand, e fra il 2017 e il 2020 da Giulio Ercolessi (fra i fondatori di Italialaica, e che nella federazione rappresentava il Coordinamento Nazionale italiano delle Consulte per la Laicità delle Istituzioni), la Federazione Umanista è stata a lungo la voce laica di gran lunga più importante e più ascoltata nel citato “dialogo interconvinzionale”, ed è riuscita non solo a ottenere effettivamente pari dignità ai laici rispetto alla presenza, molto organizzata e coordinata, delle chiese e delle organizzazioni religiose, non poche delle quali fortemente integraliste, ma anche a far entrare stabilmente nell’agenda delle politiche esterne sia della Commissione che del Parlamento principi come la lotta contro la persecuzione dei non credenti e delle persone glbt+ nei paesi che ancora la praticano, nonché il loro diritto all’asilo nei paesi membri. Soprattutto, l’intenso lavoro di lobbying in occasione del voto parlamentare di risoluzioni concernenti le politiche riproduttive, il trattamento e i diritti delle minoranze sessuali e in generale i diritti umani ha spesso ottenuto, e non di rado in occasione di votazioni molto contrastate e dall’esito inizialmente incerto, considerevoli successi.
La crisi all’interno della Federazione Umanista ha avuto formalmente per oggetto problemi di governance interna, paradossalmente dovuti soprattutto al peso che, grazie alle forti risorse a al grande impegno profuso dal CAL, vi rivestiva l’organizzazione dei belgi francofoni: caso unico, probabilmente, nelle organizzazioni paneuropee, dove, abitualmente, recriminazioni del genere vengono semmai rivolte, e per ragioni del tutto analoghe, contro le ricche e spesso molto attive organizzazioni tedesche. In realtà la Federazione era, fin dalle origini, attraversata da una più sostanziale linea di frattura, che divideva da sempre le associazioni di matrice propriamente laica da quelle essenzialmente interessate soprattutto alla fornitura di servizi professionali relativi allo stile di vita dei non credenti. Per alcune di queste ultime, l’idea laica della separazione non è affatto un ideale da perseguire, essendo da loro ritenuto preferibile un regime di tipo sostanzialmente concordatario, purché accordi analoghi a quelli stipulati con chiese e organizzazioni religiose vengano stretti dagli Stati – e dalle istituzioni europee – anche con le organizzazioni umaniste, che possano anch’esse, per esempio, contare su finanziamenti pubblici per le proprie scuole o asili privati non confessionali, consultori privati di tendenza, servizi matrimoniali e funerari, ecc. Alcune di queste organizzazioni si erano perfino dimostrate così programmaticamente “apolitiche” da volersi mantenere estrenee ai dibattiti in materia di diritti umani dei migranti, di contrasto alle violazioni dei principi dello Stato di diritto in alcuni dei paesi membri dell’UE, o in materia di opposizione a quei populismi autoritari che non manifestassero anche un orientamento marcatamente clericale. Anni fa c’era stato perfino il caso di un candidato all’elezione nel board, anche se poi non eletto, che aveva espresso dubbi sulla opportunità di sostenere l’autodeterminazione delle donne in materia di aborto come elemento centrale dell’impegno della federazione.
A seguito della crisi della Federazione Umanista Europea, oggi divenuta in sostanza una mera branca dell’associazione mondiale, molte associazioni laiche europee hanno dato vita nelle scorse settimane a una nuova Rete Laica Europea, che ha fra i suoi membri anche Italialaica.it .La nuova rete si basa sui principi della “Carta di Liegi”, promossa in occasione del cinquantenario della fondazione del Centre d’Action Laïque.
A fine gennaio la nuova rete avrebbe dovuto tenere un primo evento in presenza a Parigi, organizzato dal membro francese della rete, l’associazione Egale, nella prestigiosa sede del Senato francese, sulla libertà di coscienza in Europa. A causa del protrarsi dell’emergenza pandemica, anche tale iniziativa ha dovuto ancora, speriamo per l’ultima volta, essere confinata su piattaforma telematica. Il video dell’iniziativa, in francese, sul sito di Egale. I testi del colloquio, in francese e in inglese, sul sito della Rete.