Zoraya ter Beek, malata di depressione maggiore, si sottoporrà ad eutanasia il prossimo mese. Ma l’Europa cosa pensa di questa possibilità?
Nei giorni scorsi una notizia dall’Olanda ha fatto molto discutere i sostenitori e i contrari alla pratica dell’eutanasia. Zoraya ter Beek, giovane ragazza di 28 anni,ha deciso di sottoporsi ad eutanasia all’inizio del prossimo mese.
La giovane soffre di un disturbo di personalità e dello spettro autistico, due condizioni che l’hanno portata a sviluppare una forma molto grave di depressione maggiore, che i suoi psichiatri hanno definito “incurabile”.
Questa diagnosi è stata sufficiente perché Zoraya ter Beek ottenesse il via libera per sottoporsi ad eutanasia direttamente in casa sua il mese prossimo.
I Paesi Bassi, dal 2002 hanno deciso di consentire il suicidio assistito su richiesta del paziente, purché vengano rispettati alcuni requisiti imprescindibili. Scopriamo di più sul caso di Zoraya ter Beek, sui requisiti imposti dai Paesi Bassi e su come l’Europa si posiziona in merito al suicidio assistito e all’eutanasia.
A differenza di patologie neurodegenerative, dalla depressione maggiore si può guarire. Esistono diverse tipologie di terapia per curare le condizioni depressive, anche le più gravi, tra cui la terapia farmacologia, le terapie somatiche e i percorsi di psicoterapia uniti a terapie farmacologiche. In un gran numero di casi, questi interventi si dimostrano efficaci.
Inoltre, anche solo degli eventi di vita inattesi possono ribaltare la situazione e fare intravedere un barlume di speranza anche in chi si trova all’interno del tunnel della depressione da anni. In poche parole, dalla depressione maggiore si può guarire.
Ed è stato proprio questo a suscitare sgomento in chi ha appreso la decisione, ormai esecutiva, di Zoraya: il fatto che le sia stato concesso il permesso di giungere a questo estremo atto legalmente, nonostante la sua condizione avesse una possibilità di cura.
Sono stati i Paesi Bassi i primi a legalizzare l’eutanasia diretta e il suicidio assistito, approvando una legge già nel 2002.
In quell’anno, il Parlamento Olandese ha adottato la Legge per il controllo di interruzione della vita su richiesta e assistenza al suicidio.
Tale legge implica che il medico può praticare l’eutanasia o fornire la propria assistenza al suicidio senza alcuna ripercussione legale, purché sussistano delle condizioni particolari tra cui:
Questo vale anche in caso di minorenni che abbiano superato i 12 anni di età, previo consenso da parte dei genitori.
Inoltre, nei Paesi Bassi sono state istituite delle figure di riferimento, chiamate euthanasia review committees, che oltre ad accertare il rispetto dei criteri sopra elencati, devono redarre report e documenti che illustrino il caso da consegnare al Governo.
Nel 2017 nei Paesi Bassi sono state inoltrate 6.585 comunicazioni, questo vuol dire che il 4,4% delle persone decedute quell’anno sono morte per eutanasia.
A partire dal 2002 molti Paesi europei hanno preso una posizione favorevole in merito al suicidio assistito e all’eutanasia.
Il Belgio lo ha fatto a partire dal 2002, estendendo poi la legge anche sui minori nel 2014. In Lussemburgo, invece, il suicidio assistito è legale dal 2009 purché siano in vigore i seguenti presupposti:
Come avrete notato, nel caso dei requisiti richiesti in Lussemburgo, rientra scritta nero su bianco la sofferenza psicologica.
Successivamente, nel 2021 la Spagna ha deciso di depenalizzare il suicidio assistito, definendolo come “diritto di richiedere e ottenere l’aiuto necessario a morire”.
La Svizzera prevede la pratica sia dell’eutanasia attiva indiretta che quella passiva (ovvero la rinuncia al sostentamento vitale offerto dai macchinari come, ad esempio, il respiratore a ossigeno). Inoltre, in Svizzera è possibile si possono prescrivere farmaci mortali anche a cittadini stranieri purché se li auto somministrino, come avvenuto nel caso di DJ Fabo nel 2017.
Per quanto riguarda la Francia, dal 2005 con la legge Leonetti è consentita l’eutanasia passiva, ovvero i medici possono somministrare cure palliative per il dolore.
In Gran Bretagna, l’eutanasia è illegale e chiunque si presti a collaborare ad un suicidio assistito può essere condannato per istigazione al suicidio. In Portogallo non è consentita l’eutanasia, come anche in Danimarca e in Norvegia, mentre la Finlandia prevede solo l’eutanasia passiva.
In Italia dal 2013 a oggi è stata più volte proposta la legge sul suicidio assistito.
La proposta di legge è arrivata in Parlamento nel 2021. Ma, grazie alla sentenza 242/2019, la Corte Costituzionale in passato ha già approvato la possibilità di richiedere il suicidio mediamente assistito in caso sussistano quattro condizioni:
Il suicidio assistito prevede che sia il paziente a somministrarsi il farmaco letale, mentre nell’eutanasia è richiesto l’intervento di un medico per la somministrazione del farmaco.
Tuttavia in Italia manca ancora una legge nazionale che regolamenti l’aiuto alla morte volontaria, ovvero l’accesso al suicidio assistito. Nel 2022 il referendum per una legge sull’eutanasia è stato bloccato dalla Corte con queste motivazioni:
“A seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili.”
Conclusioni
Il caso di Zoraya ter Beek ha fatto molto parlare soprattutto al di fuori dei Paesi Bassi, ovvero all’interno di quei Paesi europei in cui la presa di posizione in merito al suicidio assistito e all’eutanasia non è stata presa in modo così netto.
Ciò che avverrà a maggio a Zoraya non è nulla di illegale, e rispetta a pieno i presupporti richiesti dalla legge olandese. La condizione sine qua non di avere un doppio consenso da parte dei medici è stata rispettata, nonostante si tratti di un caso depressione maggiore.
Lo stesso è accaduto anche in Belgio nel 2016, quando Shanti De Corte, una giovane 23enne di Anversa affetta da problemi psichici, ha subito l’iniezione letale il 7 maggio 2016. Un precedente che conferma come anche i problemi mentali possano rientrare nelle casistiche di suicidio assistito.
La Commissione federale ha giustificato così tale consenso: “Era in un tale stato di sofferenza mentale che la sua domanda è stata logicamente accettata.”
I precedenti non mancano, e le leggi a tutela dei pazienti neppure. Quindi gran parte della questione mediatica sorta, è dovuta a punti di vista differenti rispetto a questo delicato tema tuttora molto dibattuto.
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