In corrispondenza del climax emotivo di gravi attentati terroristici di matrice islamica si moltiplicano i pronti pronunciamenti di molti italiani, che in migliaia di post si battono il pugno sul petto in nome della laicità.
Così, all’improvviso.
Non posso fare a meno di pensare che se tutti questi laici fulminati sulla via di Vienna si fossero spesi per le battaglie di laicità in Italia, oggi non saremmo al punto in cui siamo.
Le istanze delle laicità hanno, per altro, subito un pauroso arretramento nell’epoca di papa Francesco, grazie alla straordinaria abilità aperturista del pontefice gesuita. Insomma ci si accontenta delle parole “rivoluzionarie” di Bergoglio e sembra che interessi molto meno se in molte scuole pubbliche dell’infanzia e primarie si continua a far recitare la preghiera cattolica prima dell’inizio delle lezioni e ad aggirare la richiesta di usufruire dell’ora alternativa, se una donna che voglia avvalersi della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza deve spesso scontrarsi con il muro dell’obiezione (salvo potersi rivolgere alle cliniche private cattoliche dove sono non di rado gli stessi obiettori a praticare l’aborto dietro lauto compenso), se il meccanismo opaco e truffaldino dell’8 per mille rimane ancora in piedi.
Quando questo sussulto di laicità prorompe a seguito di uno degli attentati terroristici riconducibili al fondamentalismo islamico che purtroppo scuotono periodicamente l’Europa, viene da chiedersi dove questo gran numero di laici fosse stato fino a un momento prima, e come mai non avesse, pare, nulla di cui occuparsi.
Eppure il quadro italiano offrirebbe più di qualche spunto.
Per altro, l’indignazione in casi come Parigi, Nizza e Vienna non si dirige solo, come dovrebbe, verso i responsabili, i gruppi terroristici e le loro connessioni. L’onda impetuosa delle reazioni emotive si scaglia spesso contro l’immigrazione e contro i musulmani in generale, prendendo così a bersaglio minoranze presenti nelle società europee, moltitudini di uomini e donne che vivono normalmente.
Le battaglie di laicità andrebbero condotte contro il pensiero egemone nel proprio contesto, contro il conformismo della maggioranza, strisciante e pervasivo. Sappiamo che è nelle pieghe dell’equivoco tra tradizione e diritti, tra identità e pluralismo, che si annidano gli strumenti con i quali una maggioranza può limitare sostanzialmente i diritti delle minoranze.
La mentalità religiosa è tanto più efficace nel comprimere diritti quando diventa pensiero maggioritario e senso comune. Ed è proprio qui che vanno ricercate le persistenti ragioni dell’egemonia cattolica in Italia.
I laici dovrebbero alzare la voce contro le storture meno visibili e proprio per questo efficacemente opprimenti del pensiero dominante, non contro le minoranze religiose a loro volta screditare dal terrorismo e costrette a subire per giunta l’umiliazione e il sospetto che viene loro gettato addosso a causa dell’incapacità di distinguere.
Le battaglie di laicità richiedono consapevolezza programmatica, coraggio di esporsi e costanza, non le facili e generiche fiammate del Je suis con cambio della foto profilo.