Sembra un argomento che sta cominciando a bucare l’ìnformazione: era ora da circa due o tre millenni. Diciamo pure: meglio tardi che mai.
Voglio partire dai nomi che hanno gli assassinii nell’ambito famigliare. Intanto partiamo da “assassinio” che è invece nome generico di origine araba e indicava etimologicamente l’uccisione (rituale?) che il mussulmano faceva degli “infedeli”, imbottito di droghe (hashish). Nella cristianità il crociato che uccideva per conquistare il Santo sepolcro andava in paradiso , come ricorda Dante per il suo trisavolo Cacciaguida. E ugualmente tutti quelli che uccidono in una “guerra giusta”?
Ma torniamo a Roma, non senza fermarci un momento a considerare un testo biblico nel quale si dice che se involontariamente nel corso di una rissa viene colpita una donna incinta e questa abortisce, è dovuto un risarcimento al padrone della donna (marito se donna libera, proprietario se schiava). Nel diritto romano antico il padre aveva diritto di vita e di morte sui figli (solo maschi?), poteva anche venderli: se però vendeva suo figlio tre volte, “sacer esto” dice la legge delle XII tavole ,”sia abbandonato alla vendetta degli dei”. Troviamo in queste brevi citazioni, due cose importanti:il diritto di proprietà o posseso della donna, il diritto di proprietà del figlio. Andiamo avanti: se l’aborto viene inflitto volontariamente, per la Bibbia è considerato omicidio e punito con la morte per la legge del taglione. Non si ha notizia che questa norma fosse applicata, mentre quella di lapidare la moglie adultera sì.
Nel diritto romano la pena di morte era presente e veniva inflitta con varie procedure. I cittadini romani venivano decapitati, chi non era cittadino romano veniva crocefisso; il parricida veniva cucito in una pelle di animale insieme a un lupo e affogato. SI capisce benissimo perché la ghigliottina sia stata considerata secoli dopo una procedura “umanitaria”.
L’infanticidio ancora nel codice Rocco era considerato non punibile (era forse accettato come una forma di controllo delle nascite? é probabile).Il matricidio delitto senza perdono, il parricidio già abbiamo visto, c’è poi la curiosa faccenda dell’uxoricidio, (uccisione della moglie, in latino uxor) , esteso anche all’uccisione del marito, delitto per il quale, data la sua rarità, non ci si è scomodati a coniare un termine specifico: é l’unico caso nel quale un nome che indica donna serve anche per l’uomo. Di per sè infatti l’omicidio, che è punito con la morte, dove questa barbarie ancora esiste, indicherebbe l’uccisione di un uomo.
E sembra che “femminicidio” colmi la lacuna verbale.
Ma non è detto. Di recente si è costituita una Convenzione contro la violenza sulle donne, che spiega il perchè del termine specifico “femminicidio”: esso indica che una donna viene uccisa in quanto donna, mentre l’omicidio può avere molti moventi ed essere riferito sia a uomini che a donne.
E’ dunque il caso di riflettere su questi eventi luttuosi, che si ripetono con tragica frequenza, già più di cento anche nel 2012. Esaminando le sentenze, che più di una volta assolvono i femminicidi, Elvira Reale dell’Udi di Napoli ha scritto un pezzo molto bello che ho già girato: le assoluzioni, vi si sostiene argomentatamente, fanno riferimento al delitto “passionale” o “d’impeto”. Non vi sarebbe dunque premeditazione, addirittura non vi sarebbe coscienza del fatto, non capacità di intendere e di volere, ma strettamente riferita a quell’evento violento, e solo ad esso. Appena compiuto il quale, l’assassino torna capace .
Il miglior commento esplicativo della necessità del termine e di quali pericoli si annidino nel nostro paese in proposito è stato scritto appunto da Elvira Reale quando argomenta essere il femminicidio il rispuntare di comportamenti non sanzionabili, che avrebbero origine in un passeggero stato di incapacità dell’uomo. Insomma un tentativo di ripristinare il “delitto d’onore” del resto abrogato solo da pochi decenni.
Infatti all’origine delle uccisioni di donne c’è sempre un episodio di abbandono o di rifiuto da parte della donna di continuare una relazione matrimoniale o no: questo non vien tollerato dal “proprietario della donna”. Stanno pensando anche a ripristinare due pesi e due misure per l’adulterio? (come era sempre nel citato codice Rocco:grande giurista, peccato fosse fascista, come mi è capitato di sentir dire da giuristi democraticissimi): infatti il tradimento della donna era sempre sospettabile, mentre perché il marito fosse colpevole di adulterio doveva avere una relazione pubblica che fosse offensiva per la moglie:se ad esempio era in un’altra città non offendeva. O l’incesto, che non era punibile se violento, ma se dava pubblico scandalo. Che la resistenza all’inseminazione da donatore esterno al matrimonio sia motivata da qualcosa di simile e fondata sul possesso della donna?; la quale, che colpa ha se il seme del marito risulta non utile? del resto appunto, in nessun caso è una colpa.