E tre! Lo scorso febbraio rilevavo su “Italialaica” che Draghi, dopo aver tenuto un discorso nell’estate 2020 all’annuale convegno di Comunione e Liberazione, aveva appena fatto visita al SERMIG -il Servizio Missionario Giovanile, di Torino-; esprimendo, per il SERMIG stesso, grande apprezzamento.
La terza tappa in questo percorso attraverso organizzazioni cattoliche è stata, nelle scorse settimane, la visita alla Comunità di Sant’Egidio. Sul sito di tale Comunità -vi leggiamo, che “preghiera, poveri e pace sono i suoi riferimenti fondamentali”-, si indicano come “al centro del colloquio…, le conseguenze sociali della pandemia e le possibili risposte per farne fronte, il sostegno alla popolazione anziana e, sul tema dell’immigrazione, il modello dei corridoi umanitari”.
Ebbene, se due dei suddetti riferimenti fondamentali cioè a poveri e pace sono fatti propri da un mondo più vasto, di quello cattolico, analogamente quanto a pandemia ed immigrazione Draghi aveva l’imbarazzo della scelta fra gli enti cui fare visita: quanto all’immigrazione, così, poteva in maniera più universalistica recarsi alla sede romana, dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Si deve invece riconoscere che quanto alle persone anziane, egli ha pur avuto incontri con organizzazioni sindacali, in tema di pensioni: e potevano semmai avvertirlo i sindacati qualche imbarazzo, di fronte a chi tanto aveva fatto con la nota lettera firmata insieme al francese Trichet, perché si giungesse alla riforma Fornero.
Il quotidiano “La stampa” ha, all’incontro tra Draghi e la Comunità di Sant’Egidio, attribuito il secondo fine di un “asse tra Draghi e il mondo cattolico per blindare il reddito di cittadinanza”. Ma appunto i precedenti episodi, relativi prima a Comunione e Liberazione poi al SERMIG, indicano che per Draghi si tratta non di un’iniziativa isolata, ma di una tendenza. Si potrebbe ipotizzare che (oltre ad una generale ricerca di appoggio, nel mondo cattolico) egli caratterizzato com’è da una linea economica senza obiettivi, di uguaglianza sociale, individui un surrogato di quest’ultima su un piano di cattolica solidarietà e carità.
Naturalmente, una valutazione complessiva dell’atteggiamento di Draghi rispetto al cattolicesimo dovrà tenere conto, come contrappeso, della sua replica alla nota vaticana sul disegno di legge Zan: non mi risulta che prima di lui un Presidente del Consiglio abbia detto, in parlamento, che “il nostro è uno Stato laico, non è confessionale”. Tale nota si prestava, naturalmente, a risposte ancor più energiche. Ma considerando su chi poggia tale governo -con un Salvini, il quale esibisce rosari-, si può dire che Draghi abbia fatto abbastanza.
Nulla invece risulta aver fatto, finora, su una questione che investe l’etichetta così frequentemente attribuitagli, di europeista: etichetta cui dovrebbe conseguire un impegno a dare esecuzione, alle decisioni dell’Unione Europea. Un impegno del genere si vede sì -pur non giungendo a provocare una crisi di governo- rispetto alla direttiva Bolkenstein, sulle concessioni per stabilimenti balneari e per commercio ambulante. Ma non si vede proprio, rispetto alla sentenza della Corte Europea di Giustizia che impone ad “enti non commerciali”, come le scuole cattoliche, di pagare l’ICI arretrata: sentenza sulla quale più in generale mai ho sentito, da governi del nostro paese, il noto refrain “è l’Europa che ce lo chiede!”.
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