A questa triade, ormai sulla cresta dell’onda nel nostro paese, si può forse individuare un’unica parola che le si contrapponga? Io direi di sì: universalismo.
Cominciamo, infatti, da Dio: significativamente al primo posto nella triade. Si tratta -va da sé- del Dio di una determinata religione, quella cattolica; tanto più che per altre religioni, si potrebbe cominciare a parlare di etnie, di migrazioni…. D’altro canto, viene tout court ignorata la circostanza che esistono accanto a persone con una fede religiosa, persone senza.
Quanto alla patria, poi, si tratta ovviamente di quella propria. Insomma siamo agli antipodi del filosofo Piero Martinetti, il quale nel Novecento si definiva “cittadino europeo nato per caso in Italia”. Siamo invece di fronte a chi, la nascita in Italia, la considera fondamentale e caratterizzante quanto ai valori ed agli interessi da tutelare. Evito con cura di parlare, al riguardo, di sovranismo: termine usurato dalla tendenza a parlarne per contestare chiunque eccepisca qualcosa, su Unione Europea e NATO. Semplicemente, coloro che per i rapporti internazionali partono dal valore di patria si differenziano da coloro che partono da valori apolidi come libertà ed uguaglianza per puntare ad una relazione con altri Stati, caratterizzati da questi stessi valori, la quale -in forza di tale omogeneità- renda sempre più labili le frontiere, riportate sulle carte geografiche.
Infine, ecco la famiglia. Che, evidentemente, di per sé non riguarda tutte le persone giacché alcune a causa di questo o quel motivo una famiglia non l’hanno (almeno per un primo-secondo grado di parentela): basterà forse che esse, in caso di bisogno, facciano affidamento sulle Dame di San Vincenzo? Comunque, nella triade in discorso la famiglia risulta intesa come Dio comanda. Quindi disinteressandosi di casi, come un non allineamento fra sesso e genere. Oltre che magari non sintonizzandosi granché con la riforma del diritto di famiglia, intervenuta quasi mezzo secolo fa: ed in effetti, di quella maggior parità fra i sessi che ne è conseguita, la Chiesa cattolica non si era davvero fatta paladina! Ça va sans dire, che una famiglia così intesa riterrà suo diritto, per la prole, un’istruzione non di tipo universalistico ma cattolicamente caratterizzata.
Considerata poi nel suo complesso, tale triade qualcosa fa venire in mente sul piano delle istituzioni. In scienza politica cioè, vi è chi distingue fra dittature totalitarie e dittature autoritarie. Uno degli elementi di distinzione è che le prime richiedono alle persone, una militanza nelle organizzazioni del regime. Mentre alle seconde basta che le persone condividano valori congeniali a tali dittature, come Dio, patria e famiglia: ebbene, un qualche riflesso di ciò lo si trova se torniamo al filosofo Martinetti. Per un verso questi, che in tema di patria la pensava come ho detto, in tema di religione rifiutò -da organizzatore del congresso nel 1926 della Società Filosofica Italiana- di escludere, dal novero dei relatori, Buonaiuti: esclusione cui siccome Buonaiuti era scomunicato vitando, padre Gemelli, rettore dell’Università Cattolica, subordinava la propria partecipazione al congresso. Per altro verso, Martinetti qualche anno dopo fece un altro rifiuto: non giurò fedeltà al fascismo e fu, di conseguenza, privato della cattedra universitaria.
Sono vicende in effetti, quella di Martinetti e quella di Buonaiuti che a sua volta rifiutò il giuramento, le quali mettono in luce che a fare le spese di una contrapposizione ad idee universalistiche sono, anche quando non si tratta di dittature, i diritti individuali. Quei diritti la cui portata, in quanto derivanti dalla sola cittadinanza (o dalla sola presenza su un territorio), va oltre il luogo di nascita, l’atteggiamento rispetto alla religione, l’aggregazione in una -e di un determinato, tipo- famiglia.
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