Il disservizio globale causato da un aggiornamento di CrowdStrike: cosa è successo e come risolvere.
Nella notte tra giovedì e venerdì, un’ombra scura è calata su milioni di utenti in tutto il mondo. In Australia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania, le infrastrutture che si affidano ai server cloud di Azure, di proprietà di Microsoft, hanno smesso di funzionare correttamente, gettando nello sconforto aziende e privati.
Inizialmente si è pensato ad un down di Azure, un malfunzionamento dei server cloud che avrebbe potuto avere conseguenze catastrofiche. Ma con il passare delle ore, e con le indagini che procedevano a ritmo serrato, è emersa una verità diversa: il disservizio globale non era da attribuire ad un guasto di Azure, bensì ad un aggiornamento del software CrowdStrike, utilizzato da milioni di utenti per prevenire e bloccare attacchi informatici.
CrowdStrike, noto per la sua efficacia nella protezione dei sistemi informatici, ha involontariamente causato un blocco diffuso a causa di un aggiornamento che ha avuto effetti imprevisti su alcune configurazioni specifiche, innescando un effetto domino che ha paralizzato l’accesso ai dati e ai servizi.
Fortunatamente, la reazione di Microsoft e CrowdStrike non si è fatta attendere. Le due aziende hanno immediatamente unito le forze per identificare la causa del problema e mettere in atto le necessarie operazioni di mitigazione. In queste ore, grazie al lavoro incessante dei tecnici, il blocco è stato risolto per la maggior parte degli utenti colpiti.
Tuttavia, se state ancora riscontrando problemi di accesso ai dati e ai servizi, Microsoft suggerisce di tentare una soluzione autonoma: riavviare il sistema per ben 15 volte. Questo workaround, per quanto possa sembrare insolito, si è dimostrato efficace in molti casi, permettendo di ripristinare la corretta funzionalità del sistema.
L’incidente, seppur rapidamente rientrato, solleva importanti interrogativi sulla complessità dei sistemi informatici moderni e sulla necessità di test rigorosi prima del rilascio di aggiornamenti critici. Un piccolo errore in un singolo software può avere ripercussioni globali, evidenziando la nostra crescente dipendenza dalle tecnologie digitali e la fragilità dell’ecosistema digitale.
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