Un team di ricercatori ha sviluppato un innovativo modulo per la raccolta di energia che sfrutta le frequenze radio.
Un team di ricercatori dell’Università Nazionale di Singapore (NUS), in collaborazione con l’Università di Tohoku in Giappone e l’Università di Messina in Italia, ha sviluppato un innovativo modulo per la raccolta di energia che sfrutta le frequenze radio (RF) per generare tensione continua.
Questa tecnologia promette non solo di ridurre la dipendenza dalle batterie tradizionali ma anche di aprire nuove frontiere nell’utilizzo dei dispositivi a bassa potenza, specialmente in aree remote o in contesti dove il cambio regolare delle batterie risulta impraticabile.
L’introduzione di questa tecnologia potrebbe avere un impatto ambientale significativamente positivo. Prolungando la durata dei dispositivi e riducendo il bisogno frequente di sostituire le batterie, si contribuisce alla diminuzione dei rifiuti elettronici. Inoltre, questa soluzione offre nuove possibilità per lo sviluppo e l’espansione delle reti sensoriali wireless e dei dispositivi IoT (Internet of Things), particolarmente utili in contesti dove la manutenzione è difficile da effettuare.
Il team ha lavorato sull’ottimizzazione dei “spin-rectifiers”, dispositivi capaci di operare efficacemente anche ai bassi livelli di potenza RF che caratterizzano molti ambienti. Questo aspetto rende il modulo estremamente versatile, adattabile a una vasta gamma di applicazioni a basso consumo energetico come i sensori ambientali o quelli dedicati al monitoraggio della temperatura.
Nonostante i progressi, esistono ancora alcune sfide tecniche legate all’utilizzo dei raddrizzatori convenzionali. La ricerca si sta quindi orientando verso lo sviluppo del raddrizzatore a spin nanometrico (SR), che promette una conversione più efficiente dal segnale wireless alla tensione continua. L’integrazione prevista dell’antenna on-chip mira ulteriormente ad aumentare l’efficienza complessiva del dispositivo.
Le tecnologie basate sulla raccolta dell’energia da radiofrequenze (RF-EH) hanno dimostrato un notevole potenziale grazie alla loro capacità di attingere energia da fonti RF comunemente disponibili nelle aree urbane e semi-urbane come LTE, DTV, GSM tra gli altri. Sebbene questa tecnologia non possa sostituire completamente le fonti energetiche tradizionalmente utilizzate per alimentare applicazioni più grandi ed energivore, rappresenta comunque un passo avanti significativo verso l’autosufficienza energetica per una vasta gamma di dispositivi a basso consumo.
E’ chiaro che il lavoro svolto dai ricercatori dell’NUS insieme alle università partner rappresenta un importante avanzamento nel campo dell’energia alternativa. La possibilità futura è quella non solo d’integrare tale tecnologia nella vita quotidiana ma anche d’influenzare positivamente l’impatto ambientale attraverso soluzioni innovative ed efficientemente energetiche.
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