Nei 17 istituti penali per minorenni italiani sono detenuti 496 ragazzi, tra minori e giovani adulti: le donne rappresentano il 2,6% del totale, mentre gli stranieri sono più della metà, con un totale di 254. L’istituto con il maggior numero di detenuti è il Beccaria di Milano, che ospita 69 ragazzi. Quelli con meno giovani, 8 detenuti ciascuno, sono Quartucciu in Sardegna e Pontremoli in Toscana, quest’ultimo l’unico istituto penale per minori d’Italia interamente femminile. Le 5 ragazze detenute si trovano nelle carceri di Napoli e Roma. Sono questi i dati, aggiornati al 15 gennaio, contenuti in “Prospettive minori”, VII Rapporto di Antigone sulla giustizia minorile.
Secondo quanto spiega il rapporto di Antigone, è da oltre dieci anni che non si raggiungeva una simile cifra. Gli ingressi negli istituti penali per minorenni sono in netto aumento: sono stati 835 nel 2021 e 1.143 nel 2023, la cifra più alta degli ultimi quindici anni. La crescita delle presenze negli ultimi 12 mesi è fatta quasi interamente di ragazze e ragazzi in misura cautelare: una conseguenza del decreto Caivano che ha esteso l’applicazione della custodia cautelare in carcere, stravolgendo l’impianto del codice di procedura penale minorile del 1988. Altra novità, in linea con quanto previsto dal Decreto, che prevede di disporre la custodia cautelare anche per fatti di lieve entità legati a sostanze stupefacenti, è la notevole crescita degli ingressi negli istituti penitenziari proprio per reati legati alle droghe (+37,4% in un solo anno). Aumenti dei numeri, che – spiega il rapporto – non trovano riscontro nell’aumento dei reati, con il dato più recente in linea con quello registrato 10 anni fa.
“Sono prospettive minori quelle che oggi vediamo rispetto a due anni fa, quando pubblicammo il nostro precedente rapporto sulla giustizia minorile in Italia – ha spiegato sul sito di Antigone Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone e responsabile dell’osservatorio minori – Prospettive minori per il sistema, che sta rinunciando a incontrare con pienezza quei principi ispiratori sui quali è stato costruito e che hanno fatto sì che la giustizia minorile nel nostro Paese divenisse un modello a livello europeo; prospettive minori per gli operatori, alcuni dei quali fanno un lavoro straordinario fuori e dentro le carceri e si ritrovano strumenti sempre più spuntati e inefficaci; e, soprattutto, prospettive minori per i ragazzi e le ragazze, che si ritrovano attorno più sbarre, fisiche e metaforiche, e meno speranze riguardo al loro futuro – ha proseguito Marietti – Occorre riprendere la strada tracciata dai 35 anni di giustizia minorile italiana, mettere al centro il bene supremo dei ragazzi e non cadere nella tentazione punitiva verso chi commette un reato in una fase così cruciale del proprio percorso di crescita. Se non ci possiamo permettere di perdere un adulto, ancor meno ci possiamo permettere di perdere un ragazzino” ha poi sottolineato Marietti.
Alessio Scandurra, coordinatore dell’osservatorio di Antigone sulle carceri per adulti ha a sua volta sottolineato che “con il decreto Caivano, che ha fortemente ampliato la possibilità di trasferire i ragazzi maggiorenni, che sono in IPM in quanto avevano compiuto il reato compiuto da minorenni, nelle carceri per adulti si assiste a una ulteriore torsione del sistema, portando queste persone a doversi confrontare con un tipo di detenzione più dura, limitata, in luoghi dove i loro bisogni, anche a fronte del grande sovraffollamento e quindi della scarsità di opportunità di studio, lavoro e ricreative, non vengono tenuti nel giusto peso, lasciandoli invece in un sistema che, ad oggi, produce criminalità a causa di tassi di recidiva molto alti”.
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