La speranza di un tregua, almeno per il mese di Ramadan, arriva dalle parole del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che parla di un accordo per il cessate il fuoco tra Hamas e Israele, già dal prossimo lunedì. Le due fazioni in guerra nella Striscia di Gaza, però, hanno replicato parlando di “ottimismo infondato” e “grandi lacune da colmare”.
Le dichiarazioni di Biden
“La mia speranza è che ci sia un cessate il fuoco entro lunedì prossimo” a Gaza, ha affermato Biden durante un evento elettorale a New York. Il presidente Usa ha poi rilanciato parlando di un impegno preso tra Hamas e Israele. “Israele cesserà le operazioni a Gaza durante il Ramadan”, ha detto Biden precisando che lo stop fa parte delle condizioni previste da un accordo di cessate il fuoco in fase di negoziazione. “Il Ramadan si avvicina e gli israeliani hanno concordato di non impegnarsi in attività durante il Ramadan, in modo da darci il tempo di liberare tutti gli ostaggi”, spiegato Biden in un’intervista realizzata dalla rete statunitense Nbc. La tregua, seppur temporanea, dovrebbe iniziare già dalla prossima settimana.
Hamas: “Lacune da colmare”
Un funzionario di Hamas interpellato dalla Reuters, e riportato dal quotidiano israeliano Haaretz, ha però raffreddato gli animi affermando che i commenti del presidente americano Joe Biden su una tregua a Gaza sono prematuri e non corrispondono alla situazione reale sul terreno. Secondo il funzionario ci sono “ancora grandi lacune da colmare” nell’accordo prima che venga garantito un cessate il fuoco.
La replica di Israele
Non si capisce “su cosa si basi l’ottimismo” del presidente Joe Biden su una possibile tregua a Gaza entro lunedì prossimo. Lo hanno detto fonti israeliane citate da alcuni media. Nonostante l’annuncio del presidente americano, le distante tra Hamas e Israele sembrano quindi ancora ampie e, nonostante i segnali che fanno sperare in un’imminente tregua, sembra ancora molto il lavoro da fare per fermare il conflitto nella Striscia di Gaza.
Gli scontri e il bilancio del conflitto
Mentre dichiarazioni di una tregua imminente e smentite si susseguono, il ministero della Sanità di Gaza di Hamas ha aggiornato il bilancio delle vittime dall’inizio della guerra. Secondo i dati forniti sono 29.878 le persone uccise. Il bilancio comprende almeno 96 morti nelle ultime 24 ore, mentre 70.215 persone sono state ferite dall’inizio del conflitto.
Stando all’agenzia Wafa, tre palestinesi sono stati uccisi in scontri con l’esercito israeliano nel campo profughi di al Faraa di Tubas, vicino Nablus in Cisgiordania. Secondo i media palestinesi e quelli israeliani uno di loro era il comandante del locale ‘Battaglione Tubas’, ala militare della Jihad islamica.
Continuano gli attacchi anche da parte degli Hezbollah del Libano che hanno rivendicato il lancio di 40 razzi sulla base militare israeliana situata sul Monte Merom in Galilea. “In risposta agli attacchi su Baalbeck e sul Monte Jarmak”, si legge nella dichiarazione del partito armato libanese in riferimento ai raid aerei israeliani di ieri nella profondità territoriale libanese. La base del Monte Merom era stata già presa di mira due altre volte da Hezbollah nelle scorse settimane.
Gli Houthi fanno saltare le comunicazioni tra Europa e Asia
Prosegue la crisi nel Mar Rosso tra sabotaggi e conflitti armati. Il gruppo Houthi, secondo un report del sito di notizie israeliano Globes, ha fatto saltare 4 cavi di comunicazione sottomarini tra l’Arabia Saudita e Gibuti. L’attacco ha provocato gravi interruzioni nelle comunicazioni tra Europa e Asia, in particolare nei paesi del Golfo e in India. I cavi danneggiati fanno parte dei sistemi AAE-1, Seacom, EIG e TGN. Il cavo AAE-1 collega l’Asia orientale all’Europa attraverso l’Egitto, facilitando la comunicazione tra la Cina e l’Occidente. Il sistema Europe India Gateway (EIG) collega l’Europa all’Egitto, all’Arabia Saudita, agli Emirati e all’India.
Il Comando Centrale dell’Esercito degli Stati Uniti (Centcom) ha fatto sapere di aver neutralizzato tre navi senza equipaggio e due missili da crociera antinave pronti per essere lanciati verso il Mar Rosso dalle zone dello Yemen sotto il controllo del gruppo Houthi, sostenuto dall’Iran. Inoltre, il Centcom ha distrutto un drone che si trovava sul Mar Rosso. Queste armi rappresentavano una minaccia imminente per le navi mercantili e le navi statunitensi nella regione.