Tenere il conto delle morte per questioni di famiglia, per amore criminale, è la nuova manipolazione del femminicidio, la banalizzazione del pensarci dopo e di trovare le parole scimmiottando il dolore e le espressioni di ognuna e tutte coloro che sanno che non basta dire basta.
Antonietta sta per diventare “statistica”, perdendo la qualità della sua testimonianza di ribellione al comando o chissà che altro abbia impaurito e spiazzato una famiglia, un uomo, una comunità.
Antonietta ci mancherà, gli altri se ne sono già fatti una ragione.
Il nuovo metodo dell’occultamento culturale è quello della ripetizione fino alla nausea di un temine, femminicidio, violentato e ridotto a fatalità, è quello della rimozione di tutto quello che c’è prima e dopo un’uccisione.
Le denunce ma poi le conciliazioni, lo stanziamento dei fondi ma il loro uso intempestivo ed improprio, la ritualità istituzionalizzata di un dolore non sempre genuino, la concessione delle attenuanti nei tribunali, le lunghe molestie sopportate in una vita vissuta a metà “perchè disobbedire è pericoloso” questo è femminicidio.
Femminicidio è solo nella parte finale una soppressione: noi Antonietta, lo sappiamo ora, l’avevamo già persa. Antonietta ha incontrato la morte mentre le tremavano i polsi, confusa tra il desiderio di salvarsi e la certezza che nessuno avrebbe creduto la famiglia capace di ucciderla. ” Anche la televisione lo dice”. Al sud le donne muoiono di meno perchè la famiglia le protegge. Ma protegge anche i loro assassini. E protegge le statistiche dall’impatto con un’altra morte inflitta in modo “più intelligente”, dissimulandone le cause, i moventi e le armi. La prima arma, lo stupro è già la morte del futuro, l’opzione proprietaria, nella quale prima del reato ci sono le forche caudine del dove si era, che si faceva, e soprattutto del quanto sei onesta, buona, illibata. Se sei cresciuta nella camorra, femminicidio è già il ricatto tra l’essere camorrista o morire meritando di morire, se sei di buona famiglia femminicidio è l’obbligo di onorare la normalità.
Le vittime sono buone o cattive, belle o brutte, puttane o vergini ma muoiono perchè sono donne.
Almeno qualcuna ometta nella cronaca di enumerare le bellezze e le virtù della vittima, e guardi a quanto sia servita la sua morte, il suo annullamento sociale, la sua fuga ad un sistema che non è affatto debole, è anzi sempre più forte e sfacciato nel ricacciare le donne nel serbatoio modiale delle risorse a disposizione.
Almeno qualcuna dica che che con Antonietta è finita un’ altra piccola rivoluzione. A San Sebastiano al Vesuvio l’11 novembre 2012.